Non è di buone notizie che abbiamo bisogno. Sebbene talvolta si abbia la sensazione di volersi rifugiare in un’informazione che rassicuri e offra una visione più gradevole della realtà, non è ciò che ci farebbe evolvere come persone. Come individui appartenenti a una comunità.
Il giornalismo costruttivo viene spesso confuso con il giornalismo positivo, quello dedicato alle buone notizie. In realtà sono due modi di fare informazione che guardano verso orizzonti differenti tra loro. Il giornalismo positivo ha l’ambizione di diffondere una sensazione di benessere generalizzata. È un giornalismo che racconta quanto di bello accade nella realtà e spesso ospita iniziative e storie che propongono nuovi eroi contemporanei. La sua caratteristica è di fermarsi alla narrazione senza stimolare il lettore all’azione.
Il giornalismo costruttivo, anche chiamato giornalismo delle soluzioni, ha un’ambizione ancora più grande: cambiare la cultura mediatica favorendo uno sguardo al futuro e cambiando totalmente le domande che guidano la narrazione. L’obiettivo, in questo caso, è quello di offrire al lettore la possibilità di comprendere la complessità del mondo, conoscere storie di resilienza e scoprire come poter imparare da chi ha trovato soluzioni e risposte alle difficoltà che tutti viviamo. In questo caso, quindi, non viene escluso il problema ma lo si tratta come punto di partenza per arrivare a rintracciare e raccontare le soluzioni possibili. Di queste, infine, si sviluppano i dettagli, l’evoluzione, i successi ma anche i limiti. Chi ha fatto meglio? Chi ha ottenuto risultati tangibili? Come possiamo rendere scalabile il progetto? Quali i limiti della soluzione trovata? Nulla viene nascosto.
Se le buone notizie si limitano a dirci che non tutto là fuori è negativo, il giornalismo costruttivo e delle soluzioni ci mostra modelli possibili, soluzioni esistenti e ci consente di partecipare attivamente al mondo che viviamo. Un mondo complesso che lo sarà sempre di più: il nostro compito come giornalisti è quello di riflettere la complessità. Non dobbiamo tacere una parte della storia, dobbiamo raccontare tutto. Ma invece di lasciarci indicare la strada dal problema possiamo farci guidare dalle soluzioni. Senza creare gli eroi delle buone notizie che aumentano la distanza dal lettore.
Non esistono eroi, esistono persone che hanno scelto di rispondere a un problema sociale con nuove visioni che, se raccontate nei particolari, possono essere replicate anche da altri e favorire, quindi, un nuovo dibattito pubblico.